L’olivo albero della vita: |
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Prontuario di olivicoltura di Giuseppe Fontanazza |
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
L’Olivo: la sua Origine e il suo Ambiente L’olivo
ha origini antichissime proviene dall’Asia Minore da dove si è diffuso
nei millenni soprattutto nel bacino del Mediterraneo, affermandosi
prevalentemente nelle aree costiere e sub-costiere.
In
Italia l'olivo è stato diffuso da vari popoli mediterranei, inizialmente
dai Fenici e dai Greci. Dai Romani in poi la coltivazione è stata sempre
più ampliata e potenziata, affermandosi ovunque le condizioni climatiche
e pedologiche lo hanno permesso, malgrado vicende alterne che hanno visto
periodi di auge e periodi di crisi. Attualmente
si può dire che praticamente ogni regione italiana può vantare una
propria olivicoltura, anche se la maggiore estensione si trova concentrata
nelle aree dei Centro-Sud e nelle Isole. Dal
punto di vista climatico la pianta predilige clima mite invernale, caldo e
relativamente asciutto in estate; sopporta bene temperature relativamente
elevate (40- 42 °C) se accompagnate da adeguata disponibilità idrica nel
terreno. Soffre invece durante l'inverno e più ancora in primavera se la
temperatura scende oltre i -5/-6OC. E
una pianta che necessita di molta luce e quindi, soprattutto nel
Centro-Nord, predilige esposizioni a pieno sole (sud/sud-ovest); mal
sopporta la ricorrenza di nebbie o piogge soprattutto nel periodo
primaverile in corrispondenza della fioritura. Per quanto riguarda i
terreni presenta una grande adattabilità; riesce infatti a vegetare e a
produrre anche in ambienti poveri, con terreni ricchi di scheletro e
relativamente superficiali. Rifugge tuttavia suoli eccessivamente pesanti
e con difficoltà di drenaggio. I terreni migliori comunque sono quelli di
medio impasto, relativamente profondi, permeabili, ben dotati di sostanza
organica, preferibilmente calcarci, meglio se vi è dello scheletro purché
non grossolano. Se
queste sono le esigenze climatiche e pedologiche perché la pianta possa
ben vegetare e produrre, occorre tuttavia tener presente che i moderni
sistemi di coltivazione, basati sui principi dell'olivicoltura intensiva
meccanizzata, impongono che l'orografia del suolo non sia molto tormentata
e che la pendenza non superi il 15-18%.
E’
al sistema intensivo di coltivazione che si farà riferimento in queste
brevi note per fornire le indicazioni essenziali ai fini della
realizzazione di oliveti da reddito, predisposti alla meccanizzazione
integrale, in contrapposizione ad impianti di tipo tradizionale che, per
tutta una serie di cause, non assicurano più un risultato economico e
possono tutt'al più essere presi in considerazione per fini familiari. Le
tecnologie che verranno sinteticamente descritte, si rifanno ad esperienze
ampiamente vissute da oltre un quindicennio in molte aree olivicole del
nostro Paese, ove ormai la necessità di rinnovare gli impianti è
diventata un'esigenza pressante per molti olivicoltori. PREPARAZIONE
DEL TERRENO Una
volta scelto l'appezzamento da destinare alla coltura, sulla base delle
indicazioni fornite precedentemente e facendo riferimento alle proprie
esperienze ed a quelle di tecnici della zona, l'olivicoltore deve
procedere alla preparazione del terreno in modo corretto. Si intende fare
riferimento a tutta una serie di operazioni che precedono la messa a
dimora delle piante e sono finalizzate all'ottenimento di una base
agronomica idonea all'insediamento della coltura. Le operazioni di
preparazione del terreno devono essere eseguite quando le condizioni di
clima e umidità del suolo sono le più favorevoli e quindi normalmente
durante l'estate che precede la piantagione. Per
una corretta preparazione del terreno si procede alla eliminazione di
eventuali residui di coltura; successivamente al livellamento, qualora la
superficie del suolo risultasse molto irregolare e non consentisse una
buona regimazione delle acque superficiali e un agevole movimento delle
macchine operatrici. Nei terreni tendenzialmente argillosi, ove vi è
pericolo di ristagno, è bene fare ricorso anche al drenaggio, seguendo le
tecniche correnti. Completate queste operazioni preliminari si passa alla
conciliazione di fondo attraverso la distribuzione, se disponibile, di
letame in quantità non inferiore a 250-300 q.Ii/ha e alla concimazione
con fosforo e potassio. Anche se la determinazione delle dosi di concime
dovrebbe essere correttamente fatta sulla base di analisi chimico-fisica
del terreno, è possibile tuttavia fornire delle indicazioni di massima,
facendo riferimento ad esperienze in ambiente medio di coltivazione
dell'olivo. Si può indicare in 4-5 q.Ii/ha di perfosfato minerale 18-20 e
in 2-3 q.li/ha di fosfato potassico le quantità dei due elementi da
somministrare su tutto il terreno per la conciliazione di fondo. A questa
operazione segue lo scasso totale del terreno che può essere effettuato
sia con aratro che con ripper. Nel primo caso vi è il rischio di portare
in superficie strati poco fertili di terreno e interrare in profondità
gli strati superiori, caratterizzati normalmente da migliore fertilità e
questo soprattutto nei terreni di collina, poco profondi, non sottoposti
precedentemente a scasso totale. Con la rippatura, invece, praticamente
non si ha rovesciamento di strati nel profilo interessato dalle normali
lavorazioni, con il vantaggio di ottenere un effetto simile allo scasso
con aratro per quanto riguarda la rottura del suolo. Alla rippatura
comunque deve seguire una seconda lavorazione con aratro alla profondità
di 30-40 cm, in ragione allo strato fertile del terreno (franco di
coltivazione). Tutte
le operazioni descritte vanno eseguite nella sequenza indicata ed
effettuate durante l'estate per favorire la successiva azione degli agenti
atmosferici che completano l'effetto della lavorazione profonda. Poco
prima della messa a dimora delle piante, se necessario, occorrerà
effettuare una lavorazione superficiale per affinare il terreno e
facilitare
le operazioni di piantagione. Per
quanto riguarda l'epoca d'impianto, normalmente è preferibile che venga
effettuata nel periodo autunnale negli ambienti Meridionali,
caratterizzati da clima più caldo ed in primavera in quelli del
Centro-Nord, per evitare eventuali danni da freddo alle piantine durante
l'inverno. SCELTA DELLE CULTIVAR È questa una delle operazioni più delicate che richiede competenza specifica, tenendo presente che esiste un numero elevato di cultivar sia a livello nazionale che regionale e comprensoriale, non tutte ugualmente idonee ai sistemi moderni di coltivazione e non sempre adattabili ai diversi ambienti. Da qui la necessità di scegliere ambiente per ambiente le cultivar dotate di buone caratteristiche agronomiche (produttività elevata e costante, buona resa in olio che deve risultare di ottima qualità organolettica); vanno invece scartate le cultivar a frutto piccolo e quelle a maturazione fortemente scalare perché inadatte alla raccolta meccanica. Per brevità rimandiamo alle tabb. N. 2 e 3 nelle quali sono elencate le principali cultivar sia da olio che a duplice attitudine (olio e mensa), all'interno delle quali l'olivicoltore può scegliere quelle più adatte per il suo ambiente. Considerato che la maggior parte delle cultivar di olivo sono autosterili è necessario che per ciascuna di esse, soprattutto quando si vogliono realizzare impianti monovarietali, si scelga l'impollinatore adatto che dovrà entrare nell'oliveto in una percentuale dei 10-15% circa del totale delle piante.
SCELTA DEL TIPO DI PIANTA Questo
aspetto costituisce un altro momento importante ai fini della buona
riuscita dell'oliveto; la pianta da utilizzare oltre ad appartenere alla
cultivar desiderata, deve essere esente da malattie, avere un adeguato
sviluppo (almeno 70-80 cm di altezza), garantire percentuali altissime di
attecchimento e pronta ripresa dopo il trapianto. Attualmente
nei vivai italiani le piante di olivo vengono prodotte o secondo il
sistema tradizionale dell'innesto su selvatico oppure con il metodo più
moderno della talea autoradicata. Pur
non essendovi sostanziali differenze tra i due tipi di pianta, si
consiglia tuttavia di utilizzare piantine da talea poiché offrono tutte
le garanzie richieste dai moderni sistemi di piantagione; le piante
autoradicate presentano tra l'altro, rispetto a quelle innestate, maggiore
uniformità che si riflette sull'accrescimento omogeneo sin dai primi anni
ed offrono il vantaggio di una più precoce entrata in produzione. La
tecnica vivaistica di moltiplicazione dell'olivo per talea si sta ormai
diffondendo su tutto il territorio nazionale, grazie anche al moderno
sistema del "cassone riscaldato", messo a punto dal Centro di
Studio per la Olivicoltura dei C.N.R. di Perugia, che offre notevoli
vantaggi in termini di percentuale di radicazione e di velocità di
formazione delle radici e quindi determina una maggiore economia che si
riflette sul costo della pianta. Ad integrazione di questa tecnica si è
sviluppata quella dell'allevamento in vaso della talea autoradicata che è
determinante ai fini di una piena riuscita della pianta in campo. La
combinazione della radicazione per talea e dell'allevamento in contenitore
consente di ottenere piante pronte per la collocazione a dimora in 14-18
mesi. Grazie
al diffondersi di queste tecniche oggi è possibile acquistare piante di
olivo non più preparate come una volta con il pane di terra o addirittura
a radice nuda, con tutti i rischi per l'attecchimento e l'accrescimento,
ma allevate in vaso con l'apparato radicale integro e ben sviluppato che
garantisce attecchimento totale, facilita una rapida ripresa e un
accrescimento eccezionale fin dal primo anno d'impianto. Inoltre con
questo tipo di pianta si agevolano le operazioni di messa a dimora e si
allunga notevolmente il periodo di piantagione. TECNICA D'IMPIANTO Come abbiamo accennato precedentemente i moderni sistemi di coltivazione dell'olivo si differenziano nettamente dai metodi tradizionali. I vantaggi fondamentali che offrono le nuove tecnologie d'impianto sono:
Su
questi principi si basa la cosiddetta olivicoltura intensiva meccanizzata,
della quale esistono delle varianti rispetto ad un modello generale di
riferimento. Il modello che qui viene sommariamente descritto si riferisce
alla proposta del Centro di Studio per la Olivicoltura dei C.N.R. di
Perugia; esso consente di ottenere:
Di
seguito vengono descritte le scelte tecniche relative all'impianto e alla
coltivazione che rientrano nel modello indicato. Sesto d'impianto - Nel
determinare il sesto d'impianto vanno considerate alcune variabili
fondamentali, quali la fertilità del suolo, la forma di allevamento, le
cultivar prescelte e la necessità di meccanizzazione. Avendo presente
l'obiettivo di ottenere produzione elevata in tempi brevi, l'orientamento
è quello di aumentare la densità d'impianto, adottando sesti più
ridotti rispetto a quelli tradizionali. Per quanto riguarda gli ambienti
meridionali in generale si considerano idonei sesti di 6x7, 7x7 o 6x8
(intorno a 200 piante/ha), mentre per gli ambienti dell'Italia centrale,
dove normalmente lo sviluppo della pianta è più contenuto, i sesti si
riducono a 5x6 o 6x6 (intorno a 270-300 piante/ettaro). I
sesti indicati assicurano una buona densità, tuttavia, durante i primi
10/11 anni, la superficie complessiva della chioma degli alberi rimane
limitata e di conseguenza la produzione ad ettaro si mantiene entro limiti
relativamente modesti. È nata da questa
considerazione la proposta di utilizzare il “sesto dinamico” che
consiste nel dimezzare all’impianto la distanza sulla fila, raddoppiando
di conseguenza il numero di piante ad ettaro; cosi ad es. 6x8 diventa 6x4
e il 6x6 diventa 6x3. Tuttavia la distanza delle piante sulla fila,
tenendo conto della dimensione che la chioma verrà ad assumere opo un
certo numero di anni (10 - 11), appare insufficiente per assicurare una
buona illuminazione all'intera superficie esterna della chioma, con
conseguente riduzione della produzione ad albero. Per ovviare a questo
inconveniente, tra il 10° e l'11° anno d'impianto si dovrebbe procedere
alla eliminazione delle piante in soprannumero sulla fila; è possibile
tuttavia mantenerle facendo ricorso a tecniche di potatura di turnazione
che prevedono tagli più o meno accentuati, con sequenza ciclica, su
piante alterne sulla fila. In tale modo si riesce a contenere lo sviluppo
della chioma delle singole piante a vantaggio di un rinnovamento continuo
delle branche secondarie e quindi dei rametti a frutto. Il
sesto dinamico comunque non sempre può essere utilizzato; vi sono infatti
per il suo impiego dei presupposti fondamentali che -possiamo riassumere
in quattro punti:
In
mancanza di una solo di questi presupposti, può vanificarsi il vantaggio
del sesto dinamico. Forma di allevamento
-
Il passaggio obbligato dalla raccolta manuale a quella meccanica con
vibratori del tronco ha determinato
un'evoluzione nella scelta della forma di allevamento da dare agli olivi.
Il sistema di raccolta meccanico con vibratori impone infatti una forma di
allevamento con struttura della chioma a tronco singolo, branche
principali solidamente inserite su di esso, a sviluppo longitudinale
contenuto e ben rivestite da branche secondarie e branchette fruttifere
relativamente corte e poco pendule. Ma vi è un altro elemento imposto dai
moderni sistemi di coltivazione, relativo al contenimento del numero degli
interventi di potatura sin dai primi anni allo scopo, da un lato, di
ridurre i costi e, dall'altro, di favorire un rapido accrescimento della
pianta e una sua precoce entrata in produzione. Se a queste considerazioni
aggiungiamo quelle esposte precedentemente a proposito del sesto dinamico,
si capisce perché si è orientata la scelta verso la forma di allevamento
a monocono, sia nella sua versione "geometrica" che in quella
meno regolare che possiamo definire "forma monocaule libera". Il
monocono è una forma di allevamento ormai ampiamente sperimentata nei
nuovi impianti che ha dimostrato piena validità e non desta alcuna
preoccupazione ai fini dell'accrescimento della chioma in senso sia
verticale che diametrale, mentre assicura effettivamente sviluppo rapido e
precocità di entrata in produzione e risponde molto bene alla raccolta
meccanica con vibratori del tronco. Modalità di piantagione
-
L'operazione di messa a dimora delle piante è preceduta dalla
squadratura del campo, secondo il sesto prescelto; l'orientamento da dare
alle file è preferibilmente quello nord-sud, tenendo presente comunque
che nel caso di sesto rettangolare e più ancora di sesto dinamico, la
fila più stretta va orientata nel senso della massima pendenza del campo.
Per
quanto riguarda il tutore, inizialmente si possono usare le stesse canne
eventualmente impiegate per l'esecuzione dello squadro, purché la loro
altezza sia di almeno mt 1,50; esse comunque dovranno essere sostituite in
autunno con i pali tutori definitivi. È possibile anche utilizzare sin
dall'inizio direttamente pali tutori di legno o plastica, dell'altezza
fuori terra di almeno mt 2,00, di robustezza tale da assicurare un buon
sostegno alle piante per i primi 4-5 anni. Con
le piante in vaso, come già detto, la messa a dimora delle piante
potrebbe avvenire praticamente in qualsiasi periodo dell'anno ma è
consigliabile in autunno o in primavera, comunque quando le condizioni
climatiche e di terreno lo consentono. Al fine di evitare qualsiasi trauma
alle piantine, prima del trapianto in campo si consiglia di operare nel
modo seguente:
Durante
la prima stagione di crescita è opportuno mantenere le piante nette da
erbe infestanti, con zappettature nelle immediate vicinanze della pianta
stessa e lavorazioni superficiali con mezzi meccanici sull’intero
appezzamento. In assenza d'impianto d'irrigazione, sarà necessario
procedere ad irrigazioni di soccorso, almeno 2-3 volte durante i mesi più
caldi. Occorrerà inoltre effettuare delle concimazioni azotate a piccole
dosi ripetute, preferibilmente in coincidenza con le irrigazioni di
soccorso. Tali
concimazioni vanno fatte con urea o altro fertilizzante azotato, tenendo
presente che nel caso dell'urea la quantità da somministrare per pianta
non deve superare i 20 -25 gr per volta, ripetendola 3 -4 volte durante la
stagione, a distanza di 20 -30 gg. l'una dall'altra. E necessario infine
difendere la pianta da attacchi parassitari, soprattutto di insetti come
le tignole o l'oziorinco che, se non controllati, possono arrecare danni
notevoli agli apici vegetativi e alle foglie. Le tecniche di coltivazione per gli impianti intensivi comprendono
diverse operazioni colturali la cui finalità è quella di stimolare,
nella fase di allevamento, una rapida crescita delle piante e indurre una
precoce fruttificazione e, successivamente, una volta raggiunta la
situazione di regime, mantenere un elevato standard produttivo e contenere
i costi. Praticamente nessuna delle operazioni colturali qui indicate
agisce singolarmente in maniera esaustiva; la loro azione infatti si
integra e l'effetto che ne scaturisce è derivato proprio dall'azione
congiunta che ciascuna di esse esercita sulla pianta quando è applicata
razionalmente. CONCIMAZIONE Nella nutrizione dell'olivo devono essere considerati diversi
fattori che agiscono sul metabolismo della pianta direttamente o
indirettamente, come la fertilità naturale del suolo, la disponibilità
idrica, la vigoria e la produttività della cultivar. Scopo della
conciliazione è quello di assicurare costantemente alla pianta la quantità
adeguata dei diversi elementi fertilizzanti in un equilibrato rapporto tra
loro. Il preconcetto secondo cui l'olivo abbia modeste esigenze
nutrizionali, fino al punto da non necessitare di concimazioni minerali,
va assolutamente rimosso tenendo presente che, come altre piante agrarie,
per fruttificare costantemente ed abbondantemente ha necessità di
adeguati apporti annuali di fertilizzante. Errate concimazioni sia in
eccesso che in difetto o in epoche inopportune possono determinare
incostanza produttiva, modesta fruttificazione o fruttificazione
abbondante ed occasionale, indipendentemente dalla corretta utilizzazione
delle altre pratiche colturali. Per brevità di sintesi prendiamo in considerazione la
conciliazione minerale riferita ai tre elementi fondamentali: azoto,
fosforo e potassio. L'azoto è un elemento fondamentale per l'olivo, ne stirnola l'accrescimento, esercita un'azione diretta sulla formazione dei fiori, sulla loro allegagione e sullo sviluppo dei frutti. Questo elemento si caratterizza per un facile e rapido assorbimento da parte della pianta solo se questa è in attività vegetativa, mentre per la sua elevata solubilità viene facilmente dilavato nel terreno. Va tenuto presente inoltre che la massima esigenza per la pianta coincide con le fasi di formazione dei fiori, di allegagione e di sviluppo iniziale dei frutti, praticamente da Marzo a Giugno, quando si verifica anche la ripresa vegetativa e si ha il massimo allungamento dei rami. Successivamente vi è un altro momento critico che è rappresentato dalla fase di indurimento del nocciolo (Luglio-Agosto). La carenza di azoto si manifesta nell'olivo con una minore attività
di crescita della pianta, formazione di fiori imperfetti, produzione
scarsa e alternata. Quando la pianta è giovane, praticamente durante i primi 4-5 anni,
ha necessità di dosi piuttosto modeste di azoto. Se consideriamo come
fertilizzante azotato l'urea, possiamo indicare in 60 -80 gr per pianta la
quantità per il primo anno, 100 - 150 per il secondo, 200 -250 per il
terzo e 300 -350 per il quarto-quinto anno. Quando la pianta inizia a
fruttificare in maniera apprezzabile (5°-6° anno) e successivamente,
l'esigenza in azoto aumenta sensibilmente e la quantità da somministrare
va calcolata sulla base della produzione ad ettaro, tenendo presente che
sono necessari da 3 a 3,5 kg di azoto per quintale di olive prodotte. Di
conseguenza con una produzione media di 50 q.li/ha è necessario
somministrare da 150 a 180 unità di azoto per ettaro che, grosso
modo, corrispondono intorno a 3 -4 quintali di urea ad ettaro. Per quanto
riguarda la modalità di somministrazione si suggerisce di frazionare la
conciliazione azotata in due tempi, la prima in corrispondenza della
ripresa dell'attività radicale (Marzo-Aprile) e la seconda durante la
piena attività di crescita della chioma (Maggio-Giugno). Nella prima
epoca vanno somministrati i due terzi della dose totale e la restante
nella seconda epoca. Mentre durante i primi 3-4 anni è bene che la
conciliazione azotata sia localizzata, successivamente è preferibile
effettuarla sull'intera superficie. Per quanto riguarda il fosforo occorre dire che anch'esso è un
elemento importante nella regolazione della crescita dell'olivo ed
influisce ugualmente sulla fruttificazione. Tuttavia questo elemento si
caratterizza per una scarsa mobilità nel terreno, dove viene fissato.
L'olivo ha esigenze relativamente modeste nei suoi confronti, di
conseguenza è possibile adottare una tecnica di conciliazione fosfatica,
così come vedremo anche per il potassio, che prevede la somministrazione
ciclica, ogni 4-5 anni, da far seguire da lavorazioni relativamente
profonde per favorirne l'interramento. Per quanto riguarda le dosi si
possono indicare grosso modo in 4-5 q.li/ha di perfosfato minerale per
terreni di media fertilità. In merito al potassio, elemento anch'esso fondamentale per i
riflessi importanti che ha anche sulla resistenza al freddo e alle
malattie, oltre ad avere le stesse caratteristiche del fosforo per quanto
riguarda la scarsa mobilità nel terreno, va anche detto che generalmente
i suoli italiani dove si coltiva l'olivo ne sono abbastanza provvisti.
Tuttavia anche per questo elemento si suggerisce una conciliazione
ciclica, nella quantità di 4 q.li/ha di solfato potassico, da combinare
con quella fosfatica. E importante fare un accenno anche alla conciliazione organica,
poiché la sostanza organica riveste nel terreno un ruolo fondamentale sia
perché favorisce l'attività microbica sia perché ne migliora la
struttura e la ritenzione idrica. Purtroppo non sempre è facile reperire
del buon letame, i cui effetti d'altra parte si fanno risentire solo con
somministrazioni abbondanti (250-300 q.li/ha); in alternativa, soprattutto
in terreni estremamenti poveri di sostanza organica, si può fare ricorso
alla tecnica del sovescio. POTATURA Con questa tecnica si mira a mantenere un equilibrio nella pianta
tra attività di crescita e fruttificazione. Volendo dare un'indicazione
di massima sull'entità della potatura in rapporto all'età della pianta,
va detto che dovrà essere molto limitata nei primi anni, di media
intensità durante la fase adulta ed accentuata, invece, durante la fase
di senescenza quando si manifesta in modo marcato il fenomeno
dell'alternanza di produzione. Per brevità ci limitiamo a descrivere la potatura della forma di
allevamento a monocono, tenuto presente che questa forma, con alcune
varianti, oltre a rientrare nel modello di olivicoltura intensiva che qui
si descrive, si sta largamente affermando nei nuovi impianti in Italia. L'utilizzazione di piante in vaso, allevate secondo un asse unico,
già predisposte per questa forma di allevamento, facilita l'impostazione
dei monocono. Durante la prima stagione di crescita, se necessario, si
dovranno eseguire uno o più interventi nel corso dell'estate, allo scopo
di eliminare le ramificazioni più basse liberando il tronco per i primi
20-30 centimetri e nel caso in cui la cima risultasse debole o venisse
danneggiata andrà sostituita scegliendo il germoglio sottostante più
vigoroso. Si tenderà inoltre a favorire un normale sviluppo delle branche
lungo l'asse, eliminando eventualmente uno dei rami opposti inseriti nel
medesimo nodo quando ciò può compromettere l'accrescimento dell'asse
centrale, tenendo presente che mai il diametro di un ramo laterale deve
superare quello dell'asse centrale nel suo punto di inserzione. Man mano
che la cima si allunga, durante la stagione di crescita, va tenuta eretta
legandola al tutore. Al secondo anno, sempre durante l'estate, vanno soppressi i rami
laterali più bassi fino all'altezza di 40-50 cm ed eventuali succhioni,
avendo cura di tenere la cima bene evidente ed eventualmente sostituirla
se apparisse troppo debole. Al terzo anno si continueranno ad eliminare i rami più bassi fino
ad un'altezza di 60-70 cm; si sopprimeranno eventuali polloni e succhioni
e si curerà la cima come in precedenza. Le cultivar più precoci
cominceranno proprio dal terzo anno a dare la prima produzione. Dal quarto anno non si effettueranno più potature estive mentre si
inizierà la potatura invernale-primaverile che proseguirà per l'intera
durata dell'oliveto. Essa riguarderà, oltre alla eliminazione delle
branche basse fino a 60-80 cm e il controllo della cima, anche interventi
sulle branche laterali, attraverso l'eliminazione di rami interni e più
vigorosi ed assurgenti in quanto sterili. Al quinto anno, si potrà procedere alla eliminazione del tutore,
avendo normalmente il tronco raggiunto un'adeguata robustezza. Gli
interventi di potatura saranno rivolti al mantenimento della forma e al
controllo della produzione. Con i primi si curerà la cima, si
elimineranno eventuali branche mal inserite tentando di dare una
distribuzione a spirale delle branche lungo tutto il tronco. I tagli di
produzione saranno rivolti invece alla eliminazione dei rami sterili,
delle branchette poste in ombra e di quelle esaurite dalla fruttificazione
dell'anno precedente. Tra il sesto ed il settimo anno la pianta, se è stata ben
allevata, avrà raggiunto la forma definitiva a cono, con un'altezza tra i
3-3,5 metri ed il tronco sarà già sufficientemente sviluppato per
consentire la presa del vibratore. Il mantenimento prolungato di questa condizione di equilibrio tra
attività di crescita e produzione dipenderà dall'abilità del potatore
ma anche dalla tecnica di conciliazione e dalla disponibilità idrica
della pianta. La potatura di produzione del monocono nella fase adulta si basa
sul concetto fondamentale dell'eliminazione delle branche esaurite dalla
produzione, di quelle poste in ombra o eccessivamente affastellare o mal
inserite, dei rami sterili, ad esclusione di quelli utilizzabili per il
rinnovamento di branchette fruttifere. Occorre fare in modo che la
produzione si esprima nella porzione esterna della chioma al fine di avere
frutti di buona qualità, tenendo sempre ben presente la necessità della
macchina per la raccolta di operare su una pianta con branche
relativamente corte ed a struttura piuttosto rigida. Gli interventi di
potatura serviranno anche a regolare l'accrescimento in altezza della
chioma che non deve superare i 4-4,5 metri, attraverso tagli di ritorno
sulla cima. Nella forma di allevamento a monocaule a “chioma libera” i
concetti di potatura rimangono pressoché simili a quelli descritti, con
la differenza che qui si tiene conto relativo della forma geometrica e si
riguarda alla struttura dell’albero in funzione della produttività e
dell’esigenza della raccolta meccanica. LAVORAZIONE
DEL TERRENO Affinché l'apparato radicale possa assolvere alle sue funzioni fondamentali di ancoraggio e di assorbimento dell'acqua e dei nutrienti, è necessario che si creino nel terreno le condizioni fisiche per la penetrazione dell'acqua e la circolazione dell'aria. Questo si raggiunge con una buona tecnica di lavorazione del terreno, la quale ha anche la funzione di eliminare le erbe infestanti che entrano in competizione con la pianta. Nel caso dell'olivo va tenuta presente la distribuzione superficiale dell'apparato radicale per cui, soprattutto nel periodo primaverile-estivo, le lavorazioni devono essere molto superficiali. Le lavorazioni autunnali invece, avendo il compito di rompere la suola e facilitare la penetrazione delle acque, possono essere relativamente più profonde. Nei terreni di collina, soprattutto nei climi più umidi, si ha motivo di temere fenomeni di erosione superficiale per cui anziché la lavorazione autunnale è preferibile in questo periodo effettuare lo sfalcio delle erbe, rinviando la lavorazione relativamente più profonda a fine inverno-inizio di primavera. L'inerbimento durante l'autunno-inverno assolve anche al compito di facilitare il movimento delle macchine per la raccolta, data la maggiore compattezza del terreno inerbito rispetto a quello lavorato. L’IRRIGAZIONE Negli ambienti olivicoli dell'Italia Centro-Settentrionale con una
piovosità supe-riore a 650-700 mm, la disponibilità idrica naturale è
tale da consentire una produzione ordinaria soddisfacente anche senza
irrigazione. Negli ambienti meridionali, caratterizzati da piovosità più
bassa e mal distribuita, l'irrigazione diventa pratica determinante ai
fini del raggiungimento di adeguati livelli produttivi e della costanza di
fruttificazione. Oggi si va sempre più diffondendo l'impiego
dell'irrigazione in olivicoltura, non soltanto nell'Italia Meridionale,
dove, come si è detto, è determinante, ma anche negli ambienti
dell'Italia Centrale, in considerazione del fatto che se si vogliono
raggiungere produzioni abbondanti ed avere garantita la costanza di
fruttificazione è necessario assicurare adeguati apporti idrici nei mesi
più caldi e siccitosi. Tra i diversi sistemi irrigui utilizzabili negli impianti intensivi
sono da preferire quelli di tipo localizzato, a goccia, a spruzzo, a
baffo, ecc. i quali, oltre a comportare una sensibile economia idrica (25
-30%) rispetto ad altri sistemi, consentono una distribuzione più
uniforme dell'acqua nel tempo, con turni più brevi (2-3 gg.) e volumi
irrigui più bassi (50 -150 litri/pianta per ogni turno). L'irrigazione
localizzata inoltre assicura una maggiore efficienza dell'acqua che viene
distribuita in corrispondenza dei punti di maggiore assorbimento
dell'apparato radicale. Un'indicazione di massima sui volumi irrigui per ettaro per anno
con il sistema a goccia, è di 700-2000 mc/ha da distribuire da dopo l'allegagione
fino alla comparso delle prime piogge abbondanti di fine estate-autunno. RACCOLTA La raccolta costituisce la fase conclusiva del cielo produttivo
dell'albero; si tratta pertanto di un'operazione delicata che, se male
eseguita, può incidere negativamente sia sulla quantità del prodotto
finale che soprattutto sulla qualità. Basta a tale proposito tenere
presente che le caratteristiche chimiche e organolettiche presenti nel
frutto al momento della raccolta, così come l'integrità del frutto e il
suo stato di maturazione, sono determinanti ai fini della qualità
dell'olio. Uno dei problemi fondamentali che si presenta nella raccolta delle
olive è quello derivante dalla pezzatura ridotta del frutto e dalla forza
di attacco di esso che comportano tempi lunghi e costi elevati quando si
fa ricorso ai sistemi manuali. Da qui la necessità di utilizzare metodi
di raccolta meccanici; tra questi quello che attualmente risulta più
affidabile è basato sull'impiego di vibratori del tronco in combinazione
con reti poste a terra sotto la chioma per l'intercettazione dei frutti. Nei nuovi impianti è ormai ampiamente dimostrata la validità di
questa tecnica che risponde pienamente con l'impiego di vibratori dei
tronco modulari di tipo multidirezionale, dei quali oggi sono disponibili
in commercio modelli a testata media o leggera da applicare a comuni
trattrici agricole di media potenza (50-80 HP). Nel cantiere di raccolta con vibratori operano normalmente da 5 a 7
persone, delle quali una è adibita alla guida del trattore e alla manovra
dello scuotitore e le altre allo spostamento delle reti e al trasporto
delle olive. Con un cantiere così organizzato, se si opera in oliveti ben
strutturati per sesto d'impianto, forma di allevamento e cultivar, secondo
il modello già descritto, è possibile raggiungere una resa operativa di
0,8 - 1,0 ettari al giorno, in cui la quantità di olive raccolte per
operatore dipende ovviamente dalla carica delle piante. In oliveti la cui
produzione è di 50-60 q.li/ha la resa giornaliera di un operaio oscilla
tra gli 8 e i 10 quintali. Allorché vengono rispettate le modalità e l'epoca, la raccolta a
macchina consente di raggiungere percentuali di distacco delle olive
dall'albero dell'ordine di 85-90% che può ritenersi soddisfacente,
considerata la forte economia di manodopera. Occorre fugare qualsiasi
preoccupazione in merito a presunti danni provocati dal vibratore sia
sulla chioma che sul tronco o sull'apparato radicale. Soltanto se la
macchina non è valida o l'operatore non è abile si riscontrano dei danni
che comunque non hanno nulla a che fare con l'effetto vibrante. Ai fini
della qualità dell'olio, la raccolta meccanica non esercita alcuna
incidenza negativa atti è possibile raccogliere le olive al giusto grado
di maturazione che corrisponde alla fase di invaiatura, quando cioè è
garantita la qualità organolettica. Nessun danno ai frutti poi si
verifica per effetto della caduta, essendo le olive intercettate dalle
reti poste sotto la pianta. In queste brevi note si sono intese dare le informazioni
essenziali relative alle moderne tecnologie di coltivazione dell'olivo
mirate ad un'olivicoltura da reddito in cui quantità e qualità si
sposano. La trattazione breve e sintetica può certamente non soddisfare
le esigenze del tecnico o dell'esperto olivicoltore il quale però ha
altre fonti da dove attingere informazioni più dettagliate; ciò che
interessava, invece, era far giungere il messaggio sulle innovazioni
tecnologiche maturate in olivicoltura a quegli operatori che, per carenza
di informazione, ancora non le conoscono. L'olivicoltura italiana si dibatte da anni in una crisi profonda
che possiamo definire di struttura, di mercato e sociale; riteniamo che la
fase critica acuta sia ormai superata e che fatti nuovi preparino la via
per un rilancio di questa coltura. La nostra produzione, rispetto a quella
di altri paesi olivicoli mediterranei europei e non, vanta ancora un
primato di qualità, anche se dal punto di vista quantitativo ha ormai
ceduto il posto ad altri paesi olivicoli più agguerriti e meglio
organizzati; ma il primato della qualità rimane ancora legato non
soltanto alla grande tradizione, sia agronomica che della industria di
trasformazione, ma anche e soprattutto alle favorevoli condizioni
ambientali in cui si esprime molta parte della nostra olivicoltura. Una nuova fase di mercato sia nazionale che internazionale tende
sempre più a privilegiare il prodotto di qualità e questo è certamente
un ottimo incentivo per il rilancio della nostra olivicoltura su basi
moderne, tenendo presente che per situazioni ambientali (aree olivicole
prevalentemente collinari), per la presenza nel nostro patrimonio genetico
di varietà pregiate e per la disponibilità di nuove tecnologie
ampiamente sperimentate, il nostro Paese ha tutti i requisiti per dare
vita ad una nuova olivicoltura competitiva.
9/1988 PIERALISI |
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||